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Il Pino di via Roma, quando e perché un albero diventa pericoloso ce lo spiega Mamma Quercia

Autore: Redazione Informazione Locale Ultima modifica: 10/06/2024 11:57:23

Quando un albero diventa pericoloso, tanto da doverlo abbattere? Nel caso in cui, a seguito di una competente ed etica perizia da parte di un agronomo, si scopra irrimediabilmente compromesso il suo stato di salute e quello strutturale, e quindi non esistano soluzioni di recupero o guarigione. L’intervento di abbattimento diventa purtroppo necessario al fine di garantire la sicurezza pubblica. Ma nella prospettiva di rigenerare il verde urbano la normativa parla chiaro: la Legge Regionale Umbria n.28 del 19 novembre 2001 Art.13 prevede la messa a dimora di alberi in sostituzione a quelli abbattuti entro l’anno.

Facciamo un passo indietro e chiediamoci: un albero è davvero pericoloso di per sé? La risposta è no, ma in uno spazio urbano può diventarlo se non curato e gestito con competenza. Spesso sono infatti le nostre cure (erroneamente chiamate “manutenzioni”) a diventare la principale causa di pericolosità. La potatura, ad esempio, va eseguita solo se strettamente necessaria e soprattutto nel modo corretto, rispettando la struttura e la fisiologia stessa dell’albero! Partendo dal presupposto fondamentale, spesso accantonato, che gli alberi sono esseri viventi e pertanto ad ogni nostra azione corrisponderà una loro reazione. I tagli drastici, indiscriminati non rafforzano l’albero, ma lo indeboliscono e lo rendono un vero e proprio rischio nel lungo termine. La vita di un albero, infatti, è davvero lunga e perciò gli effetti delle nostre azioni si noteranno a distanza di 10-15 anni.

Chiariti questi punti, Mamma Quercia vuole divulgare un approfondimento in relazione a quanto accaduto lo scorso 25 maggio con la caduta del Pino domestico in via Roma.

I Pini di via Roma crescono lì da oltre 80 anni, ben prima della costruzione delle abitazioni, della strada e di tutti gli impianti e le opere a esse collegate. Non c’è dubbio che questi interventi antropici abbiano danneggiato l’apparato radicale a più riprese. Guardate il pino caduto in cui risulta evidente la mancanza di radici (Foto 1), pena la perdita di stabilità.

La precaria situazione del Pino è stata aggravata da interventi di potatura eccessivi e non ponderati, ma effettuati per “adattarlo” alle esigenze umane, che ne hanno ulteriormente compromesso la struttura. La chioma ad ombrello, che in un Pino domestico in natura si presenterebbe come la ricostruzione in Foto 2, è un elemento essenziale per garantirne la stabilità, in quanto permette l’aerodinamicità del suo profilo.

Date queste due evidenze, possiamo affermare che il Pino caduto aveva perso le sue caratteristiche, stravolto completamente nella sua biomeccanica e la conseguenza è stata quella che abbiamo visto. I Pini domestici sono specie pioniere e ruderali, "progettate" e "collaudate" attraverso milioni di anni di evoluzione per sopravvivere in luoghi dove altri alberi non sanno avventurarsi e per resistere a prove durissime. Non sono fragili, tutt'altro, siamo noi a renderli tali.

Questo ci porta a riflettere sul fatto che per intervenire su alberi del genere servono figure qualificate come gli arboricoltori, preferibilmente in possesso di una certificazione come l’European Tree Technician o l’European Tree Worker che ne garantisca la preparazione. Questi professionisti sono in grado di decidere i tagli migliori rispettando la biologia e la struttura di ogni singolo albero, mantenendolo in buona salute, garantendone la corretta crescita ed aumentandone il valore estetico ed economico. È anche importante che si segua un progetto urbanistico adeguato quando si edifica, che consideri la presenza degli alberi già presenti e ne tuteli la struttura, integrandoli sapientemente nell’opera.

Al fine di ripristinare i servizi ecosistemici del pino caduto, dei pini già abbattuti negli anni precedenti e nel rispetto della legge, sarebbe opportuno e auspicabile che vengano messi a dimora nuovi alberi. A tal proposito, nel 2022 abbiamo segnalato all’Amministrazione Comunale, in un dettagliato documento, una lista di alberi e rispettive caratteristiche che li rendono adatti a vivere nell’ambiente urbano e nei diversi contesti; ad esempio, un albero come l’Orniello si presta bene nella composizione dei filari alberati. Indubbiamente, il primo passo da fare nell’immediato, sarebbe quello di trapanare il ceppo dei pini rimossi, così che gli organismi decompositori lo degradino; una volta avvenuta la degradazione, la nuova pianta potrà essere messa a dimora. Un’altra opzione potrebbe essere quella di rimuovere direttamente i ceppi con dei mezzi meccanici. Ovviamente, il nuovo albero andrà messo a dimora nel periodo adeguato, quindi tra novembre e febbraio, e dovrà essere innaffiato (regolarmente a partire dalla primavera) e curato (ad esempio, rinnovando la pacciamatura dell’area di pertinenza radicale) per i successivi 3-5 anni, al fine di assicurarne la sopravvivenza.

Un dialogo realmente costruttivo e di buon auspicio con esperti e cittadini è necessario per avere, nelle nostre città, sempre più alberi, alberi adatti, alberi più sani, alberi opportunamente localizzati, alberi gestiti al meglio! Gli alberi garantiscono la nostra sopravvivenza, non dimentichiamocelo! L’iniziativa di valutazione dello stato attuale dei pini di Via Roma va nella giusta direzione, ma tale azione sarebbe dovuta avvenire antecedentemente all’incidente, e andrebbe effettuato un censimento totale degli alberi di Umbertide, che ricordiamo essere un provvedimento obbligatorio nei comuni che superano i 15’000 abitanti.

Speriamo che questo approfondimento sia stato utile e che possa gettare le basi per nuove e costruttive collaborazioni.

 

 

 

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