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Eternit: problema da risolvere
Tutti conoscono il significato della parola Eternit, ossia un materiale composto da cemento e amianto usato per la fabbricazione di tetti e di coperture per edifici. Tale composto entrò in commercio sin dai primi del '900 e in breve tempo si diffuse in tutta Europa. Con gli anni sorsero anche in Italia i primi stabilimenti adibiti alla produzione di eternit, in particolare in Sicilia e in Piemonte. La lavorazione e produzione ebbe effetti drammatici per la salute degli operai in quanto come dimostrato da ricerche risalenti agli anni'60, l'esposizione all'amianto genera una grave forma di cancro. Nonostante ciò le fabbriche di Eternit continuarono la loro attività fino al 1986. Tristemente noto è il caso dello stabilimento di Casale Monferrato dove si registrarono numerosi decessi tra gli operai ma anche tra la popolazione a causa della dispersione delle polveri provenienti dalla fabbrica.
La produzione e il commercio di coperture in cemento-amianto si interruppe nel 1994. Tuttavia rimane ancora aperta la questione dello smaltimento del materiale acquistato precedentemente a tale data e che rappresenta un rischio per la salute in quanto sottoposto all'usura del tempo. È risaputo infatti che le coperture in eternit ormai degradate dagli agenti atmosferici o dal semplice passare degli anni, possono rilasciare delle fibre altamente nocive alla salute. Ci sembra dunque opportuno segnalare come anche nel nostro territorio siano ancora diffusi tetti e coperture in eternit e soprattutto come sia arrivato il momento di affrontare la situazione seriamente, in quanto seria è la problematica.
Secondo dati osservabili nel sito dell'Arpa Umbria, il comune di Umbertide risulta essere quello con la più alta concentrazione di amianto in tutta la regione, sia per quanto riguarda gli edifici pubblici sia per edifici privati che ospitano attività produttive con più di tre addetti. Come documentato dalle immagini, soprattutto nella zona industriale di Umbertide, sono ancora molti gli edifici con copertura in Eternit ormai datata il cui stato di conservazione richiede per lo meno un sopralluogo per accertarne le condizioni e nel caso in cui fosse necessario provvedere alla rimozione.
Lo stesso si può dire delle abitazioni private, specie di quelle di più lontana costruzione, nelle quali persistono seppur in ridotte dimensioni, tettoie in Eternit di garage o rimesse. Il nostro obiettivo non è certo quello di allarmare la comunità, bensì di sensibilizzare i cittadini a prendere coscienza di una problematica reale che necessita di una soluzione quanto più tempestiva affinché i rischi per la popolazione siano ridotti al minimo e per far sì che l'ambiente in cui viviamo possa essere il più salubre possibile. A tal fine ci sembra opportuno far luce su un argomento che in pochi conoscono a fondo, ossia sulle normative emesse sia in ambito nazionale che regionale riguardanti le modalità e le condizioni di trattamento dell'amianto, credendo di fornire un aiuto utile ai cittadini nel rapportarsi ad una questione che non può più essere sottovalutata.
Per quanto riguarda l'ambito nazionale con la legge n. 257 del 27 marzo 1992 è vietata l'estrazione, la produzione, la commercializzazione, l'importazione e l'esportazione di amianto e di prodotti fatti o contenenti tale materiale. Relativamente allo smaltimento invece, è bene ricordare che l'amianto per risultare innocuo richiede un processo di incapsulamento, quindi il trasporto in discariche che non prevedono alcun degrado biologico. A partire dalle normative a raggio nazionale, tutte le regioni italiane hanno pianificato dei protocolli per la valutazione dei rischi derivanti dalla presenza di materiali contenenti amianto e pianificato condizioni e modalità di intervento nel caso in cui dopo le dovute valutazioni risultasse necessario.
In ambito regionale, l'allegato A alla deliberazione n. 129 del 1 febbraio 2010, chiarisce quando una struttura in cemento-amianto deve effettivamente essere considerata pericolosa per l'ambiente e la salute fornendo ai cittadini delle informazioni utili per procedere all'autovalutazione dello stato del proprio immobile. Ritenendo che in pochi siano a conoscenza del contenuto di tale protocollo, ci sembra doveroso divulgarlo dettagliatamente in modo da informare i lettori su quali siano le caratteristiche di una struttura “a rischio”. La valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto deve essere effettuata tramite l'applicazione dell'Indice di Degrado ed è condotta attraverso l'ispezione del manufatto. Se questo presenta una superficie danneggiata, ovvero quando manifesta danni evidenti come crepe fessure e rotture, in misura superiore al 10% della sua estensione, è doveroso procedere alla bonifica privilegiando l'intervento di rimozione. Qualora il danno risultasse meno evidente e la superficie della copertura apparisse integra all'ispezione visiva, è necessario quantificare lo stato di conservazione attraverso l'applicazione dell'Indice di Degrado (I.D.). Il risultato dell'applicazione dell'indice è un valore numerico a cui corrispondono azioni conseguenti che il proprietario della struttura o il responsabile dell'attività che vi si svolge dovrà attuare. Nel caso in cui il risultato dell'I.D. producesse un valore che non preveda la rimozione entro dodici mesi, il proprietario è comunque tenuto ad effettuare in prima persona o mediante personale specializzato controlli periodici dello stato di conservazione della copertura.
Ma quali sono nel dettaglio gli indicatori da tenere presente nella valutazione dello stato di strutture in cemento-amianto?
Come detto in precedenza il primo parametro da prendere in considerazione è la presenza di crepe, sfaldamenti e fessurazioni sulla superficie della copertura; se i danni risultano diffusi aumenta la pericolosità del materiale. Un altro indizio del cattivo stato di conservazione è la presenza di stalattiti ai punti di sgocciolamento del tetto oltre alla friabilità del materiale e alla possibilità di sgretolamento. Fattori secondari ma comunque da tenere presenti sono la vicinanza del tetto con impianti di ventilazione o flussi d'aria, la presenza di un controsoffitto che impedisca di vedere la copertura dal sotto e la prossimità a finestre o terrazze.
Importante è ovviamente anche quantificare la vetustà della copertura con un massimo grado di allerta se antecedente al 1980. Qualora i proprietari di strutture in cemento-amianto riscontrassero talune delle condizioni sopraddette sono tenuti a richiedere l'intervento di ditte specializzate nella bonifica dell'amianto per procedere ad una ispezione più approfondita che stabilirà o meno la necessità di intervento.
Nella speranza di aver svolto un lavoro utile alla comunità, invitiamo chi in possesso nelle proprie abitazioni o in luoghi di lavoro di strutture in cemento-amianto a seguire le indicazioni fornite nell'articolo per la tutela della propria salute e di quella altrui.
Gabriele Bianchi
15/09/2014 20:24:08