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Una medaglia d'onore ad Alfredo Ricci

Autore: Redazione Informazione Locale Ultima modifica: 27/01/2022 18:04:58

Consegnata nelle mani della nipote la medaglia d'onore, conferita dal Presidente della Repubblica, ad Alfredo Ricci militare del reparto sanità a Perugia, deportato in Germania e internato in un campo di lavoro. La cerimonia si è svolta questa mattina in prefettura a Perugia, a ritirare il riconoscimento oltre alla nipote Annalisa Bargelli e il figlio Silvano Ricci, era presente anche il sindaco di Umbertide Luca Carizia. Il riconoscimento viene conferito con decreto del presidente della Repubblica ai cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra, ai quali, se militari è stato negato lo status di prigionieri di guerra.

Questa la storia del militare Alfredo, che proprio quest'anno compirà 100 anni, ricostruita dalla nipote:

Alfredo Ricci è nato a Montone (PG) il 09/09/1922 e all’epoca dei fatti era un militare del reparto sanità del distretto militare di Perugia. Era il giorno del suo ventunesimo compleanno, il 09/09/1943 quando, in fronte di guerra, è stato fatto prigioniero dai tedeschi a  Lubjiana in Jugoslavia, così come indicato nel FOGLIO MATRICOLARE del DISTRETTO MILITARE di Perugia.

Fu deportato in Germania, nei pressi del paese di Ahlen. A tale riguardo sappiamo che prima è stato adibito a scavi per trincee dal settembre del '43 al settembre del '44, poi spostato nella fabbrica di munizioni Wastedder Street 178 dal 1 settembre del 1944 fino alla sua liberazione.

La carta di permesso in nostro possesso è relativa al campo di  WASTEDDER STREET 178, dove lavorava per la fabbrica metalmeccanica ad oggi esistente di BUSCHHOFF & CO, dal 01/09/1944 fino alla sua liberazione. 

Riuscire a trovare il campo di lavoro in cui fu internato mio nonno non è stato semplice, perché non avevamo nulla a cui appigliarci, se non ai suoi ricordi, impressi nelle registrazioni audio che gli abbiamo fatto quando era ancora in grado di raccontarci la sua storia. Il foglio matricolare del distretto militare di Perugia contiene infatti un grande “vuoto”, che va dal giorno della sua prigionia in data 09/09/1943 al giorno della sua liberazione il 01/04/1945. Finalmente, dopo lunghe ricerche e richieste di informazioni da tante parti della GERMANIA, abbiamo ricevuto un fortunato riscontro. Ringraziamo, ancora emozionati, Mr. George Wendt e Mr. Uwe Grupp, Kreisarchivar del distretto di Wasseralfingen per aver creato, con grandi sensibilità e professionalità, una importante rete di comunicazione e contatti che ci ha permesso di risalire alla persona giusta: il dr. KNUT LANGEWAND responsabile dell’archivio di Ahalen che ci ha fornito le risposte che da tanto tempo stavamo cercando.

Dall’archivio storico del distretto di WARENDORF (KREISARCHIV) a cui appartiene la città di AHLEN, abbiamo ricevuto dunque la “permit card”, documento che certifica che mio nonno fu prigioniero ad AHLEN dal 1944 al1945 nella fabbrica di carpenteria metallica di BUSCHHOFF & CO.  Ancora c’è da ricostruire il periodo che va dal 9 settembre del 1943 all’arrivo al campo di Walstedder - Street 178 -  di AHLEN, e stiamo proseguendo le ricerche. Mio nonno fu liberato dagli americani il 01/04/1945 e riusci, dopo un lungo viaggio dovuto alla distruzione delle linee ferroviarie, ad arrivare alla frontiera italiana il 24/08/1945.

Il riconoscimento ricevuto dal signor Alfredo rappresenta un momento molto importante per tutta la famiglia, soprattutto per i figli Silvano e Paola ma anche per i nipoti Annalisa, Eugenia, Gianluca e Rodolfo.

Toccante il messaggio diffuso via social proprio dalla nipote Annalisa Bargelli:

Oggi è un giorno speciale. Importante per tutti, per non dimenticare, ma per noi caro nonno un po’ di più.

...una medaglia d’onore che riconosce e testimonia tutte le sofferenze e le fatiche che ti hanno costretto a subire.
Quest’anno compirai 100 anni, e sei ancora qui con noi. Diglielo a quei tedeschi che ti volevano morto.
Diciamolo a chi, nel giorno del tuo ventunesimo compleanno, ti ha chiuso dentro un vagone per il bestiame con la promessa di riportarti a casa, dalla tua mamma, e invece ti ha riaperto le porte all’inferno. Diciamolo a chi sfidava la tua vita ogni giorno, facendoti lavorare “finché ni facea comodo!” nutrendoti con una sola scodella di “rancio”, acqua sporca e poco più.
Diciamolo a chi ti urlava “italiano maccheroni!!!”, a chi ti umiliava, a chi ti derideva.
Diciamolo a tutti quelli che hanno chiuso gli occhi facendo finta di niente, italiani compresi. Diciamolo a tutti quelli che negano, che dicono che è stata tutta un’invenzione.
Diciamolo ai ragazzi, alle nuove generazioni. Diciamolo ad Eveline, che presto arriverà.
Diciamolo caro nonno, nel giorno in cui il tuo sacrificio viene finalmente riconosciuto, che tu sei ancora qui. E hai visto tutto. E hai raccontato tutto.
Che loro, alla fine, hanno perso.
La dignità non si tocca.

Il Gruppo

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