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Vivere a Milano: giovani umbertidesi nella grande città
Chiedermi di scrivere quest’articolo è stata una proposta entusiasmante quanto difficile. Credo che tanti principi giornalistici vadano a cadere quando si è troppo coinvolti in prima persona. Questo è il reportage del mio viaggio, o meglio del nostro viaggio, il racconto di umbertidesi fuori di Umbertide. Molti nel passato e nel presente hanno lasciato ‘la Fratta’ per abitare altrove spinti dalla necessità di colmare un’esigenza: lavoro, studio, amore. Noi siamo “quelli di Milano”. Le nostre storie partono dalla stessa casa, si dividono nello scorrere frenetico della città lombarda, nella corsa dei suoi impegni e di tutte le opportunità che offre, e tornano ad intrecciarsi qualche fine settimana nei viaggi di ritorno in macchina o nelle serate di aperitivo ai navigli o a corso Sempione o in qualche gita domenicale al museo. Vivere lontano da casa per tanto tempo fa inevitabilmente maturare dentro qualcosa, le esperienze e le sensazioni provate sono così soggettive e varie che non è possibile parlarne in modo asettico ed uniforme per rintracciare una tendenza generale. Pertanto a ognuno la sua voce.
Cristina, 24 anni, studentessa.
Partire è stata fin ora la scelta più difficile della mia vita, un salto nel vuoto. Ho sempre amato casa mia, la sua gente, la mia quotidianità, ho pensato sempre al mio futuro ad Umbertide. Poi un’interessante specialistica che aveva da offrirmi qualche possibilità lavorativa in più rispetto a Perugia e l’idea di provare almeno un’esperienza fuori porta mi hanno convinto. Ora vivo a Milano da più di due anni, mi sto per laureare in un corso di Editoria interno a quello di Filologia Moderna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e lavoro nella direzione di uno dei Collegi dell’Università stessa. Sono soddisfatta e amo quello che faccio; inoltre l’ambiente è stimolante, le attività culturali sono un fiume in piena e la città è un crocevia di nazionalità differenti; conoscere persone provenienti dalle diverse parti d’Italia e del mondo mette alla prova le proprie sicurezze e costringe a pensare. Nuovi incontri hanno portato a legami forti di cui ora non saprei immaginarmi senza. Non ho avuto solo cose belle come alcuni hanno immaginato: è stato difficilissimo, faticoso, doloroso, a volte lo è ancora. Soprattutto perché la distanza mette a nudo i rapporti con le persone di una vita, e se trova debolezza li elimina. Sei inizialmente solo e per la prima volta ti trovi a costruire una tua esistenza dal nulla; questa situazione ti scava dentro, ti pone domande, ti costringe a conoscerti e darti risposte, a crescere. Ora mi sento più forte per i passi avanti fatti, perché so su chi contare sempre, a partire dalla mia famiglia, perché so cosa cerco.
Quando torno a casa ciò che prima noto sono l’odore dell’aria e il verde che invade la vista e sento di ritrovare quello che sono nel più profondo. È una sensazione piacevole e nostalgica allo stesso tempo, come ritrovare qualcosa che ricordo meraviglioso ma che sento non appartenermi adesso. Come una maglia che resta stretta perché si è cresciuti. Penso al mio futuro e vedo bianco come un foglio da scrivere. Per ora sento di voler continuare a vivere a Milano perché vedo che posso costruire qualcosa, ma la possibilità di tornare in un futuro ad Umbertide o in Umbria in generale -sperando anche in una situazione lavorativa migliore- per dare il mio contributo e costruire la mia esistenza, resta dentro.
Paolo, 33 anni, ingegnere elettronico
Sono 3 anni che vivo qui a Milano, 3 settembre 2010. Data difficile perchè è il giorno del "taglio col passato". Volenti o nolenti quando ci si trasferisce ci si "stacca" dalle amicizie coltivate quotidianamente, dalle attività, dalle passioni che si mettono nel cassetto per ritirarle fuori in situazioni più tranquille. E' però anche il momento in cui si cresce: ci si mette davanti al mondo con le proprie forze a disposizione anche se fortunatamente con la tranquillità di chi ha una famiglia alle spalle.
Il motivo che mi ha spinto a trasferirmi a Milano è stato lavorativo. Avevo un lavoro come ingegnere elettronico pagato con un assegno di ricerca, senza malattie, ferie e contributi con rinnovo annuale (regione permettendo). Il lavoro che facevo era molto interessante ma non mi dava la stabilità neanche per prendere una casa in affitto. Così mi sono guardato attorno e ho colto l'occasione che mi si è presentata.
Ora lavoro come consulente per una grossa società che si occupa di automotive. Il primo contratto propostomi è stato da subito un tempo indeterminato, con prospettive di crescita professionale (in seguito avvenute) e soprattutto con la possibilità di vivere senza mamma e papà che tirano fuori qualcosa dalle loro tasche. La grande differenza che ho trovato è stata però la diversità del rapporto datore di lavoro - lavoratore: qui io non sono solo "forza lavoro" ma "risorsa" da far crescere e specializzare. Questa differenza è secondo me dovuta al fatto che, mentre in terra natale il lavoro specializzato era davvero raro, qui è abbastanza diffuso e quindi si tende a proteggere e valorizzare una persona che genera profitto piuttosto che spremere a dovere «tanto dopo di te ce ne sono altri 100 che aspettano».
Detto ciò non nascondo il desiderio riavvicinarmi agli affetti, alle attività e soprattutto alle tavole di casa mia ma aver fatto questa esperienza sicuramente mi ha aperto gli occhi su tante cose che prima non riuscivo a decifrare: stando lontani si capisce forse a cosa si è disposti a rinunciare e cosa invece non è sacrificabile nella propria vita... e si riaggiusta il tiro.
Ilenia, 27 anni, art director junior
Dopo la laurea in Tecnica Pubblicitaria, ho deciso di seguire la mia passione per la pubblicità e per l’organizzazione di eventi conseguendo nel 2009 un master a Roma. Per circa tre anni e mezzo ho lavorato, sempre a Roma, presso un’agenzia di produzioni video e organizzazione eventi, un lavoro molto dinamico e stimolante che, assieme alla vita da “fuorisede”, mi ha fatto vivere una bellissima e ricchissima esperienza sia dal punto di vista professionale che umano. Carica di entusiasmo ho rifatto quindi le valigie e sono partita alla scoperta di Milano, dove da poco più di un anno lavoro come art director junior presso un’agenzia di comunicazione e marketing. La cosa che forse mi piace di più di Milano è il suo essere sempre in movimento, di Roma invece la sua capacità di non farti sentire mai un ospite, di Umbertide sicuramente l’affetto sincero della famiglia e degli amici. Legami veri e profondi che ti fanno affrontare in maniera più leggera gli 800 km per tornare a casa!
Chiara, 24 anni, infermiera
La mia avventura è cominciata circa due anni fa, quando dopo una lunga serie di prove e concorsi, ad un anno circa dalla laurea in infermieristica, venni assunta di ruolo nell’Azienda ospedaliera di Desio e Vimercate in provincia di Monza e Brianza. All’inizio devo ammettere che è stata dura: ripartire da capo non solo con il lavoro, ma anche con le persone, la città e i suoi ritmi … poi con il passare del tempo le cose hanno assunto una prospettiva nuova, e ora sono soddisfatta di quello che faccio e soprattutto guardandomi intorno mi sento fortunata ad avere un lavoro, per di più che amo e mi gratifica. Certo La lontananza si fa sentire, tornare ad Umbertide per le ferie è ogni volta una gioia e una riscoperta e come succede per le persone, così anche per i luoghi, quando si è lontani si riesce meglio ad apprezzare e valorizzare gli aspetti positivi, che invece altrimenti nella quotidianità rischiano di passare inosservati o addirittura scontati. La speranza che ho nel cuore è quella , ovviamente, di poter tornare un giorno nella mia Itaca soddisfatta e felice del viaggio che, non senza ostacoli, ho deciso di intraprendere, ma che sicuramente ha contribuito a farmi crescere e diventare ciò che sono adesso!
Giacomo, 26 anni, consulente pedagogico
Sono partito da Umbertide per continuare i miei studi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, specializzandomi in Consulenza pedagogica per la Disabilità e Marginalità. Sono partito con la speranza di crescere, provarmi e continuare a scoprirmi, portando certamente la possibilità di restare qua, o almeno di provare. Ho maturato naturalmente la scelta di rimanere a Milano: non ci sono state motivazioni precise, certo sicuramente degli stimoli, come le possibilità lavorative e soprattutto le nuove relazioni amicali e non, costruite saldamente. Nulla però è bastato da poterlo identificare come il motivo, se non una volontà intrinseca di stare. Ora vivo a Saronno e lavoro a Milano per una cooperativa sociale e mi occupo di persone con disabilità, con progetti volti all’autonomia e alla gestione del tempo e delle risorse che ognuno di loro, di noi, porta con sé. Pensare a casa mi rende felice, pensare che il posto da cui sono partito è lì, sempre e comunque, con tutti gli affetti e le persone che amo mi dà la sicurezza per restare. Non tornerò a casa, anche se di definitivo nella vita c’è poco, soprattutto se devo guardare così lontano nel futuro, però so che la mia esistenza è qua, nella mia scelta, nella mia nuova casa in affitto, nel mio lavoro, nelle persone che ho incontrato e sto continuando a incontrare … e mi piace definire Umbertide come la mia Itaca, rubando le parole a Kostantinos Kavafis “ Itaca t’ha donato il bel viaggio. Senza di lei non ti mettevi in via. Nulla ha da darti più. E se la trovi povera, Itaca non t’ha illuso. Reduce così saggio, così esperto, avrai capito che vuol dire un’Itaca.”
Cristina Caponeri
26/11/2013 16:05:52